mercoledì 25 settembre 2013

il de profundis dell'Italia industriale

(Il Simplicissimus)

Parliamo di svendita imminente del Paese, ma in realtà gran parte di esso è stato letteralmente comprato negli ultimi anni, quando la crisi e l’assoluta incapacità di gestirla da parte del sistema politico, ha reso conveniente l’acquisizione di centinaia di aziende e di produzioni in mano ad imprenditori già da molti anni poco disposti ad investire e ipnotizzati dalla rendita finanziaria. Del resto la promessa bipartisan del sistema politico a quello produttivo era, già dalla fine degli anni ’90,  quella di ridurre i diritti del lavoro per supportare una competitività basata esclusivamente sui salari invece che sul prodotto e sull’innovazione: una vera follia dentro una globalizzazione che vedeva emergere Paesi con retribuzioni inarrivabili. Così è cominciato un logoramento di immagine e di posizione commerciale che ora ha raggiunto il suo acmè. 
Da tempo la telefonia è trasmigrata ai quattro angoli del mondo, nonostante l’Italia sia da sempre uno dei mercati più vasti e vivaci per il settore e ora ha preso il volo anche la Telecom, l’unica superstite. Ma ormai si tratta di pochi rimasugli di una gloria che fu schegge che sono già in procinto di passare in altre mani come Finmeccanica (l’Ansaldo sarà scorporata e venduta alla Siemens e altri due gruppi americani) o Eni. Rimane ben poco prima della svendita dei beni pubblici e della partenza di fatto degli ultimi grandi gruppi come la Fiat. Molto spesso però sfugge la dimensione del problema e sembra di parlare di cose astratte: invece facendo un elenco delle aziende acquisite negli ultimi anni si può avere un’idea concreta dell’avvitamento nel quale siamo. Entriamo anche se in maniera sommaria in questo purgatorio:

Industria Agroalimentare 

(segue).. 

7 commenti:

  1. Non ci sono più barriere per i capitali, è un problema a monte, assieme al qualche c'è crisi, disoccupazione, morte, guerre e distruzione ... il neoliberismo, questa schifezza. C'è molto da lavorare contro.

    RispondiElimina
  2. tutto questo è un bene per i lavoratori tajani che hanno solo da quatambiare se la proprietà passa in mani straniere, i manager avranno stipendi più bassi e non potranno appropriarsi dell'azienda piazzando i loro parenti ed amici ovunque fino a riportarla al fallimento.
    Però come vedi, tra tutti questi acquirenti non c'è nemmeno un tedesco e questo mi fa pensare che si tratta di personaggi borderline o peggiori dei tajani che li precedettero

    RispondiElimina
  3. Respuende la secreteria telefonika de Telecom Espana! Si tu voj lajar un messajo, tu puede farlo duepo el bip: OLE'!

    RispondiElimina
  4. ... politici "cialtroni" che nominano (s)manager "cialtroni" ... cosa vuoi che dia come risultato finale?? Casi come Telecom Italia o MPS ... :-(

    Camosciobianco

    RispondiElimina
  5. ma ancora ha senso l'italianità di una fabbrica, di una azienda ? certo che ce ne potevamo accorgere prima, invece di piangere ora, perchè se era stata privatizzata poi il privato ne fa ciò che vuole della sua azienda no? ...forse forse davvero andranno meglio, i dipendenti..l'ho pensato anch'io!

    RispondiElimina